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Socialità del Tabacco (parte III)

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Socialità del Tabacco (parte III)

( tratto da "Io fumo e allora?" di J. J. Brochier, Pacini Editore, Pisa, 1994)

C‘è tutto questo nel piccolo incendio cerimoniale e privato che accendiamo nel fondo del fornello di una pipa di radica o in cima ad un cilindro di tabacco tritato o arrotolato. Un omaggio agli Dei, a quelli che amano i sapori delle grasse vittime rosolate sugli altari di cui c‘intrattiene Omero, o il profumo dell‘incenso che rosseggia e piace al Dio dei cristiani.
Ma è anche un modo per assimilarci agli Dei o almeno per rappresentarli in quest‘immaginario di fuoco che è di Dio come del Diavolo e su cui c‘intrattiene Bachelard. I nemici del tabacco sono esorcisti che non sanno di esserlo, e che, non potendo riaccendere i roghi dell‘Inquisizione, ci lanciano anatemi mediante decreti.
Sopravvivenza dell‘ambizione legittima e perversa ("et eretis sicut Dei", prometteva l‘angelo maligno), maniera per ammansire le potenze delle tenebre e della luce, piacere anche, soprattutto forse, in questa collocazione ancipite di sentirsi pienamente uomini, il tabacco è così il luogo, se non di risoluzione, per lo meno di coesistenza di questi diversi appetiti, di congiura delle minacce, di riconciliazione con sè e con il mondo. Quale più bel complimento gli possiamo fare?

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