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L‘Arte di Fumare la Pipa: parte III

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L‘Arte di Fumare la Pipa: parte III

30/10/92: Viene votata la legge contro il fumo nei locali pubblici. Ecco il commento memorabile del Gioânn
Viene anche il tempo in cui la fuliggine si addensa sulle pareti dei bronchi come succede nei camini a fuoco di legna o di carbone. Allora ti avventuri nella potente foresta dei sigari. Sono autentiche sequoia in miniatura. Abbi cura di incendiare la pelletica d‘intorno, se non brucia. Il Toscano è un vulcanetto tascabile, di quelli che eruttano fuoco alla minima scossa. Il magma lavico si sublima in spire da consiglio di guerra aperto a tutti i guerrieri di un popolo, non di una sola tribù. Le spire azzurre e calde invadono la bocca e aggrediscono le mucose come un fiato demoniaco. Anche il sigaro va conquistato. È una goduria greve e forte, del tutto priva di frivole moine. La bocca si riveste di una gromma rugginosa sulla quale, sfregato, si accenderebbe anche un fiammifero di legno. Il vantaggio pratico è dato dal fatto che il fumo della boccata non si manda nei polmoni, resta in bocca: al più, si espelle dal naso. Se reggi alle fiammate di quell‘inferno, puoi chiamarti beato, ma può succedere che, a digiuno, ti si accartocci lo stomaco, ti vengano gli stranguglioni come agli allocchi inciucchiti per sfregio dalla cicca ficcatagli nel becco.
Resta la pipa, che ci riporta dritti agli indiani. Di mezzo ci si sono messi gli inglesi, che hanno inventato tutto, anche il succhiare fumo da un fornello di radica. La pipa esige calma interiore livello filosofico, sublime pacatezza dell‘anima. Le sue delizie sono infinite e non tutti vi possono accedere senza adeguate risorse religiose. Bisogna conquistare anche quel fumo ormai sapiente da secoli.
Non ho più spazio per esaltare degnamente un fenomeno di così alta civiltà. Io vi ho solo accennato ai piaceri che ci vengono dal fumo reale di foglie accese dopo preparazioni e conce di anni. Sono rimasto al rito plebeo e svelto della sigaretta, misteriosa nelle sue aggiunte all‘ossi-emoglobina. Ora, che il conformismo degli igienisti ci gabelli per santa una crociata di spegnimoccoli mi disturba fino all‘orrore, non solo al dispetto. Sono anche sdegnato che il piacere degli altri si guardi sempre con l‘astiosa invidia di un fratacchioncello magro e denutrito che piacere non può né deve avere. Allora, sapete, io dico: peggio per lui e per tutti quelli che somigliano a lui. Io intendo fumare fino all‘ultimo fiato. Poi, che si arrangi la mia emoglobina. Vivere senza fumo sarebbe come dormire senza sogni.
Gianni Brera
La repubblica 31/10/1992
Prologo
Cosa è importante nella vita, il tutto o le parti? Se il tutto ha un valore, le parti non debbono avere un valore, anche quelle più piccole? Perché dovremmo temere gli eventi inusuali che hanno la tendenza a verificarsi soltanto una o due volte nel corso della vita?
Se confrontati con un avvenimento straordinario, ho sempre trovato che è meglio agire con l’impulso del momento. Le preparazioni sono assolutamente inutili. Secondo la mia opinione le cose banali sono le più importanti e le più importanti sono banali.
Così, lasciando Ovidio a scrivere una “Ars Amandi” e qualche altro poeta una “Ars Morendi”, io scriverò una “Ars Fumandi”. Prima di tutto devo dire che c’è una grande differenza tra fumo e… fumo. Prendiamo di petto questo argomento. Ciò che mi interessa non è il procedimento di accendere una sigaretta, fare una tirata dieci o dodici volte e gettar via il mozzicone. Chiamate questo sport come volete ma, per amore del cielo, non chiamatelo “fumo”.
Il termine “fumare” si spiega da solo: o fumate una pipa o non fumate affatto. E la strada non è facile da seguire. Il fumatore deve essere un simbolo vivente di energia. Quando è uno scolaro, comincia a giocare con le sigarette. Occorrono molti sacrifici, molti forti drammi vengono suscitati. Solo una assoluta perseveranza può far superare i violenti attacchi di nausea. (...continua).
tratto da "L’Arte di Fumare la Pipa" di Joaquin Verdaguer

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